La bufala delle banane anticancro
Sul web vi sarà certamente capitato di leggere questa affermazione: "Lo sapevi che... dopo essere stata strappata dal suo casco, la banana inizia a produrre antiossidanti e proprietà anticancro. Di più, quando la buccia è tigrata, il frutto produce una sostanza chiamata TNF (Tumor Necrosis Factor) che possiede addirittura la capacità di combattere le cellule che presentano danni al DNA. Più è nera la parte esterna, più anticancro è il frutto".
E' chiaro che, per chi conosce l'azione e gli effetti del TNF-alfa, leggere una cosa del genere spaventa non poco. Soprattutto leggere la castroneria che il TNF-alfa sia prodotto dalle banane. Quindi, andiamo per ordine. Da dove è scaturita questa notizia? Beh, probabilmente qualcuno ha letto l'articolo scientifico "Differences in biological response modifier-like activities according to the strain and maturity bananas." pubblicato sulla rivista Food Science and Technology Research nel 2009, a firma di Haruyo Iwasawa e Masatoshi Yamazaki e ha pensato di tradurlo (male) e di trarne le (errate) conclusioni che avete letto.
Lo studio in questione, svolto dalla Facoltà di Scienze Farmaceutiche della Teikyo University Giapponese, ha voluto indagare gli effetti di alcuni composti conosciuti come "sostanze fitochimiche", le quali sono contenute in moltissimi alimenti e hanno effetti particolari e specifici nei confronti di molte funzioni del nostro organismo. Alcune sostanze fitochimiche possono, ad esempio, comportarsi come antiossidanti, oppure antitumorali o, ancora, come potenziatori del sistema immunitario.
Quest'ultimo è un importante meccanismo di difesa del nostro corpo, fortemente influenzato da numerosi fattori, tra cui, anche lo stato nutrizionale del soggetto. Il sistema immunitario può essere diviso in due componenti principali, denominate come "componente naturale" (o innata) presente in tutti gli organismi pluricellulari e da una "componente specifica" (o acquisita) di complemento alla prima e più lenta ad entrare in azione. I principali protagonisti della nostra immunità innata, ovvero di quella risposta immediata ad un agente esterno, sono i granulociti neutrofili, prodotti dal midollo osseo, i fagociti mononucleati (composti da monociti originati dal midollo osseo e che nei tessuti si trasformano nei più potenti macrofagi) e da un particolare tipo di linfociti, denominati Natural Killer (NK) che provvedono ad attaccare i microrganismi che penetrano nel nostro corpo. La componente specifica è invece rappresentata in gran parte dai linfociti T e B e dagli anticorpi da questi prodotti, che insieme rappresentano una sorta di sofisticato prolungamento della componente innata. L’insieme delle due componenti è in grado di controllare l’agente dannoso, spesso comunicando attraverso le citochine, molecole messaggere di origine proteica prodotte dai macrofagi e dalle cellule Natural Killer, che a loro volta sono in grado di attivare i linfociti e la componente cellulare del sistema immunitario.
Le citochine sono un gruppo piuttosto numeroso di proteine solubili che agiscono da mediatori di messaggi tra una cellula e l’altra, in modo particolare di quelle che prendono parte alle difese immunitarie dell’organismo umano. Sono spesso divise in famiglie, tra cui le più conosciute sono quelle delle Interleuchine (IL), degli Interferoni (IFN α, β, γ) e dei Fattori di Necrosi Tumorale alfa (TNF- α).
Per valutare il corretto funzionamento della funzione immunitaria, spesso, si utilizzano proprio le citochine, visto che la loro quantificabilità può dare una precisa indicazione dell'attivazione dei leucociti e dei macrofagi.
I ricercatori giapponesi hanno quindi ipotizzato (e valutato) che l'ingestione di diversi alimenti potesse essere in grado di potenziare e attivare il sistema immunitario e alcune delle sue specifiche componenti. Tra le verdure, l'aglio, lo zenzero, i cavoli, le melanzane, e il ravanello giapponese, hanno mostrato forti livelli di attività, paragonabili a quelli di un immuno-stimolante. Anche la banana, i kiwi, l'anguria e l'uva hanno rivelato attività simili e molto marcate. Le banane, soprattutto, sono state paragonate agli effetti del Lentinano, un polisaccaride immuno-stimolante, con effetti anti-tumorali, isolato dai funghi giapponesi shiitake.
Il problema è che ci sono decine di famiglie di banane commestibili, ciascuno con contenuti di fitochimici diversi, soprattutto in base al loro grado di maturazione. Questo studio è stato, probabilmente, il primo a mettere in relazione il grado di maturazione di due diverse specie di banane (un ceppo Cavendish tradizionale e uno Sweetio coltivato in altopiano) con la loro potenziale attività di immuno-stimolazione e i possibili effetti sui macrofagi e sui neutrofili (effetti che innescano produzione di citochine). In particolare sono state valutate le concentrazioni di TNF-alfa e di IL-12 dopo iniezione di succo di banana per via intra-peritoneale in topi di laboratorio.
In conclusione, lo studio ha dimostrato che l'estratto di banana ha determinato un accumulo dose-dipendente dei neutrofili e l'attivazione dei macrofagi. Una delle motivazioni data dallo studio, è che le banane contengono sia dopamina che serotonina (maggiori nelle banane di altopiano rispetto al ceppo Cavendish). Visto che la dopamina ha effetti antiossidanti e immuno-stimolanti e che la serotonina riduce gli stati depressivi e l'ansia, migliorando il sonno e la motilità gastrointestinale, si suppone che questo possa essere uno dei motivi per cui le banane possano avere il "potenziale effetto" di combattere il cancro e prevenire molte delle patologie croniche tipiche degli errati stili di vita occidentali.
Quindi, non sono le banane a produrre il TNF-alfa e quest'ultimo non è una sostanza che combatte i danni al DNA cellulare (semmai è una sostanza che spesso produce infiammazione locale, insulino-resistenza, apoptosi e aumenta la produzione della pericolosa proteina C reattiva). Inoltre, le banane non hanno effetti antitumorali accertati, ma se ne suppongono le proprietà per via di un sistema immunitario e antiossidante maggiormente attivi. Da notare che questa è una conclusione ipotetica dello studio giapponese, la quale richiederà maggiori e più approfondite ricerche.
FONTE: Haruyo Iwasawa, Masatoshi Yamazaki - Differences in biological response modifier-like activities according to the strain and maturity bananas - Food Sci. Technol. Res., (15 (3), 275 – 282, 2009)
Per chi fosse curioso di leggere l'articolo originale può fare riferimento al link: https://www.jstage.jst.go.jp/article/fstr/15/3/15_3_275/_pdf